I creators esistono al di là delle piattaforme di aggregazione. E possono monetizzare.

Una newsletter a giorni alterni, una nuova narrazione dell’inconscio digitale.

grazia de sensi
4 min readMay 23, 2024

Un aggregatore come Facebook o come anche Airbnb centralizza tutti i beni, servizi o informazioni rilevanti che un consumatore potrebbe cercare, riunendoli in un unico luogo. Netflix è un punto di riferimento per film e televisione, YouTube per video generati dagli utenti e Uber per viaggi in auto. Questi aggregatori accumulano attenzione e monetizzano di conseguenza. Nei media online, il denaro proviene principalmente dalla pubblicità (Facebook, Instagram, Twitter, TikTok) e dagli abbonamenti alle piattaforme (Spotify, Netflix, YouTube Premium). In sostanza, gli aggregatori gestiscono le relazioni con gli utenti, anche se questi ultimi sono principalmente attratti dai creatori di contenuti di valore presenti nei sistemi degli aggregatori.

Ci sono notevoli vantaggi per i creatori in questi sistemi. Poiché gli aggregatori attraggono un vasto pubblico, i creatori possono raggiungere milioni di persone senza dover pagare per la distribuzione dei loro contenuti digitali. Ad esempio, una foto pubblicata su Instagram può raggiungere rapidamente un pubblico globale se supportata dall’algoritmo. Tuttavia, ci sono anche svantaggi significativi. Esiste un numero limitato di aggregatori dominanti, come Instagram, Amazon e TikTok, che tendono a eliminare la concorrenza man mano che cresce. Questo potere di distribuzione fa sì che la maggior parte delle nuove attività online debba conformarsi alle regole degli aggregatori, accettando che controllino le relazioni con i clienti.

Questa dipendenza è rischiosa, poiché qualsiasi cambiamento nelle priorità degli aggregatori può avere conseguenze devastanti. Un esempio noto è BuzzFeed, che ha prosperato grazie a Facebook negli anni 2010 ma è in declino da quando Facebook ha declassato le notizie. Analogamente, MrBeast è una grande storia di successo su YouTube, ma è vulnerabile alle decisioni del management di YouTube, che potrebbe declassare o demonetizzare certi tipi di contenuti. Anche i creatori per così dire comni sono colpiti: i feed di contenuti stanno diventando sempre più simili a TikTok, dando priorità ai contenuti “PER TE” rispetto alle relazioni tra creatori e follower. Un grande seguito su Instagram non ha più il valore che aveva una volta.

L’era dell’aggregazione ha creato nuove economie significative, ma ha anche conferito un potere quasi divino ai pochi individui e team che governano queste piattaforme. Oggi, il destino della maggior parte dei creatori di contenuti è nelle mani di personaggi come Mark Zuckerberg, Elon Musk, Sundar Pichai e del Partito Comunista Cinese che non ci va tanto per il sottile (vedi storia di Jack Ma).

Ma qualcosa sta cambiando. Scrittori e creatori si stanno allontanando dalle vecchie “routine” per costruire nuove proprietà online di cui hanno il controllo, mantenendo libertà e autonomia, ma anche un reddito.
Parlo di Substack che sta facendo guadagnare milioni di dollari all’anno ai suoi best seller, per così dire.
Questo cambiamento potrebbe correggere uno squilibrio di potere che, nell’era commerciale primitiva di Internet, ha avvantaggiato enormemente i proprietari delle piattaforme, lasciando le briciole ai creators.

Questo cambiamento non è dovuto a un algoritmo più intelligente ma alla crescente domanda dei creators stessi che hanno iniziato a capire che il “controllo del rapporto con il proprio pubblico” li rende meno vulnerabili perchè il pubblico paga direttamente loro e dunque non dipendono dalle oscillazioni del mercato pubblicitario. Gli abbonamenti consentono ai creators di guadagnare senza dover accumulare un pubblico enorme o mirato agli annunci.

Su Substack, i creatori hanno il rapporto con il loro pubblico, con una mailinglist che controllano, e possono esportare i loro contenuti in qualsiasi momento. I creatori trattengono la maggior parte del valore finanziario generato: Substack prende il 10% e il creatore il 90%. Immagina quanti soldi avrebbero potuto guadagnare i creatori negli ultimi due decenni se avessero ottenuto il 90% delle entrate pubblicitarie generate su Facebook, Instagram, Twitter e TikTok.

Le piattaforme non dovrebbero possedere le persone; le persone dovrebbero possedere le piattaforme.

Gli aggregatori dell’ Internet primitivo hanno sbloccato il grande potere per i creatori centralizzando punti di ritrovo. Ma qualcosa poi è sfuggito di mano, la centralizzazione e l’automatizzazione

Il modello di Substack, per ocme lo vedo, combina l’indipendenza del “creatore sovrano” e interconnettività del web. I creatori porteranno il loro miglior lavoro al loro miglior pubblico su Substack e useranno gli aggregatori per un coinvolgimento meno superficiale con il pubblico di massa. Facebook, TikTok & company insomma diventeranno canali di marketing per i creatori, preziosi solo finché svolgeranno bene quel lavoro.

Questo rappresenta un’inversione fondamentale del rapporto di potere:

Internet inizia a lavorare per i creatori e non il contrario.

Ogni passo che distribuisce potere e ricchezza dalle mani di pochi a milioni di menti creative è un progresso per la società.
L’era del creatore sarà migliore dell’ era dell’ aggregazione? Io penso di si. non solo per i produttori di contenuti, ma per tutti.

Tutto questo per dire che ho ripreso ad aggiornare una delle mie newsletter su substack, adattandola ad una nova routine :) Puoi registrati qui

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grazia de sensi

Digital Evangelist. I believe in humanity, in scientific progress and exponential tech. Here I’m! @Mum @Dreamer @Journalist @podcaster @BDManagerPublishers